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Dal totale al particolare e viceversa? I musicisti lo fanno meglio

Gli esseri umani hanno la tendenza ad analizzare gli stimoli visivi nella loro globalità. Si dice che vedano “la foresta prima degli alberi”. La capacità di soffermarsi sul particolare, su un elemento del mosaico che compone il tutto, è altresì presente e l’abilità nel passare ad analizzare prima il tutto e poi le sue componenti avviene nell’arco di pochi millisecondi.
Uno stimolo sperimentale molto utilizzato in questo settore prende il nome di stimolo di Navon, e consiste in una lettera dell’alfabeto composta da altre lettere di piccole dimensioni. In taluni casi l’informazione globale ed una sua componente corrispondono (facilitando il compito), come una lettera H fatta da tante piccole H, in altri casi no (es. una H composta da piccole S, cosa che aumenta i tempi di elaborazione dello stimolo).

Partendo da precedenti studi che hanno suggerito differenze nei meccanismi visuo-spaziali tra musicisti e non, il gruppo di ricerca coordinato dal prof. Christian Agrillo ha indagato se la reattività ad analizzare il totale e il particolare nei musicisti è la medesima di chi non ha fatto pratica musicale.
Dopotutto ai musicisti viene presentato di continuo materiale che richiede sia un’analisi globale (es. riconoscere gli accordi) che locale (analizzare il dettaglio di una nota dentro l’accordo che può avere alterazioni temporanee introdotte dal compositore). I risultati hanno documentato come i musicisti siano più veloci nell’analizzare tanto la totalità dello stimolo (riconoscere la lettera grande) che le sotto-componenti dello stimolo (le lettere piccole).

Lo studio supporta l’idea che il continuo passare dall’analisi globale a quella locale che richiede la lettura del pentagramma possa rendere i musicisti professionisti più efficienti nell’analisi di questi stimoli, anche quando essi non sono di natura musicale. Dopotutto, conclude il prof. Agrillo, se un musicista non allenasse questa capacità visuo-spaziale potrebbe incontrare difficoltà nella lettura dello spartito, arrivando a confondere una cadenza ‘ad inganno’ con una cadenza ‘perfetta’ (quest’ultima tipica del finale della maggior parte delle opere classiche ed identica a quella di inganno, fatta eccezione per una nota dentro l’accordo finale).
Un’ulteriore conferma, insomma, che fare musica non fa bene solo alle orecchie, ma anche alla mente — e agli occhi.

Per un approfondimento:
Pomini E, Pecunioso A, Agrillo C (2025). Musicians are faster to process hierarchical Navon letters. Psychology of Music, online first.
https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/03057356251320975