Il multitasking computerizzato aiuta a rilevare disturbi dell'attenzione molti anni dopo un danno cerebrale
Dopo un danno cerebrale, come ad esempio un ictus, può accadere che le persone non si accorgano di ciò che accade su un lato dello spazio, solitamente quello opposto alla lesione. Questo fenomeno è conosciuto come neglect spaziale, dal termine inglese neglect, che significa “trascurare”. Fortunatamente, grazie alle capacità di adattamento del cervello e ai programmi di riabilitazione, molti pazienti mostrano un notevole recupero fino a non presentare più difficoltà nei test carta e matita convenzionali. Ma cosa succede quando le situazioni si fanno più impegnative, ad esempio in una strada trafficata, in un supermercato affollato o mentre si tenta di svolgere due compiti allo stesso tempo? In questi contesti più complessi, anche lievi deficit possono riemergere e incidere in modo rilevante sulla sicurezza e sull’autonomia.
In un recente studio presentiamo il caso di un paziente con pregresso ictus dell’emisfero destro, avvenuto sei anni prima della nostra valutazione, che non mostrava più alcun segno di neglect ai test carta e matita convenzionali. Per esplorare più a fondo le sue capacità, abbiamo ricreato condizioni che mettono a dura prova l'attenzione, come accade nella vita reale. Il partecipante doveva individuare bersagli visivi presentati a sinistra o a destra dello schermo e, in alcune prove, riconoscere in aggiunta un suono o una figura geometrica presentata al centro dello schermo. Quando le richieste attentive aumentavano o i bersagli erano molto piccoli, riemergeva una tendenza a “trascurare” quelli a sinistra. In altre parole, sia le richieste di controllo volontario dell’attenzione (top-down) sia le caratteristiche percettive degli stimoli (bottom-up) potevano alterare l’equilibrio delle risorse attentive e far comparire omissioni non rilevate dai test standard.
Questi risultati suggeriscono che alcuni effetti dell’ictus possono restare “latenti” e manifestarsi solo in condizioni particolarmente complesse, tipiche della quotidianità. Nella pratica clinica, questo implica che, oltre ai test tradizionali per valutare l’attenzione, è fondamentale ricorrere a strumenti sensibili e a scenari realistici, in grado di far emergere anche le difficoltà più sottili. Per i pazienti e le famiglie, il messaggio è che un recupero della performance attentiva nei test più comunemente utilizzati non sempre corrisponde all’assenza di problemi nella vita quotidiana, perciò riconoscerli permette di pianificare interventi mirati e strategie di compensazione più efficaci.
Lo studio completo è pubblicato su Cortex: Saccani, M. S., Contemori, G., & Bonato, M. (2025). Unveiling contralesional omissions six years after stroke. Effects of top-down and bottom-up manipulations. Cortex, 192, 271–284. https://doi.org/10.1016/j.cortex.2025.09.002


